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Stefano BONAZZI



"I miei personaggi sono impregnati di paura.
Il continuo rapportarsi con altri individui li ha stremati, hanno perso ogni forma di fiducia scegliendo di schermarsi dietro un confine che garantisca loro protezione, al sicuro nel loro micromondo ovattato.
I miei personaggi preferiscono i tenui grigi ai colori abbaglianti e vivaci dell’odierno nulla.
Grigio è staticità.
Grigio è tranquillità.
Grigio è la pacatezza di un limbo materno che riscalda e ripara nella sua nebulosa placenta.
Singolari autoritratti giocati sull’ambiguità di una cattiveria feroce travestita da tristezza velata ma inesorabile.
Oppure maschere che coprono volti in modi assolutamente sfacciati, rivelando un erotismo insolente al limite di un esasperato feticismo.
Ma non tutto quel che appare al primo sguardo, è verità.
La maschera è solo un pretesto. Può esserci oppure no. E’ un feticcio fittizio, presente anche quando non appare o si mostra sotto forma di altre geometrie arcane, decorazioni tribali o sigilli.  E’ la ricerca spasmodica di un’identità altra, forse impossibile da trovare.
I miei personaggi, sono improbabili ragazze con maschere antigas, uomini d’affari in completo elegante o caricature disturbate di fiabe vintage, ma sono prima di tutto archetipi, icone, rappresentazioni simboliche di uno status mutante al quale in fondo apparteniamo un po tutti o forse desidereremmo appartenere ma che il nostro posto nella società ci impone di rinnegare, emarginare e circoscrivere come entità estranee da cui prendere le distanze.
Personalmente la diversità mi attrae, quell’ambivalenza/duplicità della natura umana che può allontanarmi anche solo per un attimo dal disagio sociale, dal conformismo a tutti i costi, dalla perfezione, dall’essere così irrimediabilmente inseriti in un perverso meccanismo di (ri)produzione.
Una subdola, nauseante ragnatela che imprigiona giorno dopo giorno.
Con le mie immagini digitali cerco di fotografare ed impressionare la parte notturna dell’essere umano. La maschera copre ogni possibile emozione, ogni tratto somatico tramutando le spoglie figure in materia senza nome e senza passato, pronte ad accogliere una nuova forma.
Come sparuti osservatori i miei personaggi si muovono incerti in un universo sconosciuto dominato dal caos.”














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