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Piero CORVO
"ROMA
Only the wind hears us"








Considerato il particolare contesto storico nel quale ci troviamo le società hanno sempre maggior bisogno della Fotografia per avere consapevolezza di sé stesse. Senza sguardi ed indagini come questa del fotografo Piero Corvo non riusciremo a comprendere chi siamo e quello che vorremo essere nel futuro prossimo. Il nostro Paese è costellato di situazioni sociali emergenziali che non fanno notizia, di cui non si vuole parlare di proposito. La Fotografia squarcia veli di omertà sempre piu’ opprimenti su questioni da affrontare come collettività perché l’essere Paese/Nazione e soprattutto considerarsi esseri umani significa soprattutto ascolto ed aiuto chi si trova in difficoltà . ( Vanni Pandolfi)



"Roma è il racconto di una società perduta, dove l’assenza di diritti umani e le condizioni di vita miserabili annientano ogni forma di dignità, la quale viene gettata e smarrita tra le discariche e i cumuli di spazzatura. Accanto ad un’autostrada, lontano dal centro abitato, sorge il campo Rom di Giugliano in Campania. La gente del campo è nomade da circa 30 anni, quando poche famiglie provenienti dalla Bosnia arrivarono qui dopo la guerra, decidendo di stanziarsi su un terreno privato, in cerca di rifugio e pace. Ad oggi, quelle poche famiglie sono diventate circa 80. Si stima che il campo ospiti almeno 500 persone, di cui più della metà è composta da bambini. Mentre c’è un’ordinanza di sgombero prevista per fine aprile, l’associazione 21 Luglio combatte per dare loro una speranza.

La storia dei Rom è solo una delle tante ormai sparse nel mondo: storie di segregazione razziali e di discriminazioni, frutto di una narrazione errata di popoli erranti che si muovono durante il naturale corso della storia. Una violenza strutturale e antica, quella che subisce il popolo Rom, da Hitler fino alla dissoluzione dell’Unione Sovietica. La mancanza di una territorialità che ne legittimasse l’etnia e la cultura ha contribuito a radicalizzare una narrazione dominante che riduce i Rom a stereotipi di connotazione sociale e politica, come quello di una cultura nomade e raminga, che li dipinge come perennemente senza una fissa dimora e come una minaccia reale per la società. Questo ha negato e continua a negare la storia dei Rom e la realtà del campo di Giugliano rappresenta l’ennesimo esempio di ghettizzazione ed esclusione sociale.

Nel campo Rom di Giugliano, l’invisibilizzazione e la deumanizzazione degli individui è reale e concreta. Si vive in case di fortuna, costruite con legno marcio e lamiere, senza alcun tipo di elettricità, acqua corrente e un sistema fognario adeguato. La fontana situata fuori dal campo, lungo la strada, è l’unica fonte d’acqua, ma non è potabile. Bombole di gas e stufe a legna vengono condivise all’interno dei nuclei familiari. I bambini giocano tra la spazzatura e i topi morti, hanno il viso sporco di polvere e segnato dalla tristezza. Ci raccontano che non vanno a scuola perché non hanno vestiti puliti, né quaderni dove possano scrivere, né colori con cui disegnare. Giocano insieme, correndo tra gli alberi in fiore nel campo che li separa dall’asfalto. Nel gennaio del 2024, una bambina di nove mesi, Michelle, è morta a causa di un incendio, provocato da impianto elettrico difettoso. Un’altra bambina di sei anni è malata di tumore. Le donne, per lo più incinte, cucinano per la famiglia con quel poco che hanno, mentre respirano le sostanze e i rifiuti tossici che le circondano. Il centro abitato è distante, e questo rende faticoso spostarsi per racimolare cibo, vestiti e altri materiali con cui costruire le baracche.

Tutto questo avviene nell’indifferenza dell’amministrazione comunale e dei servizi sociali, che perpetuano un alienazione sociale e una marginalizzazione della comunità, la quale non riceve aiuti di alcun tipo inclusi quelli sanitari, che – date le condizioni di vita miserabili – dovrebbero rappresentare una priorità assoluta. La comunità Rom è così estromessa dalla possibilità di usufruire dei servizi basilari che uno Stato di diritto dovrebbe garantire. La continua negazione dei diritti umani fondamentali fa sì che uomini, donne e bambini semplicemente non esistono.

Il campo Rom di Giugliano è l’archetipo di un sistema politico e sociale dominato da principi contraddittori ed elusivi di qualsiasi tipo di inclusione e integrazione reale. Il mantenimento dell’invisibilità di questi individui materialmente localizzati e posti ai margini della società, è la condanna irreversibile di un sistema di tutela dei diritti garantiti, esplicitamente volto alla negazione a cittadini del diritto di vivere in condizioni umane.

L'inefficacia dei piani di integrazione, l’assenza di politiche abitative adeguate e la mancanza di interventi per garantire i servizi essenziali – come acqua potabile, elettricità e assistenza sanitaria – perpetuano una discriminazione e una segregazione strutturale. L’abbandono e l’indifferenza, alimentati da pregiudizi storici e narrazioni tossiche, continuano a disumanizzare intere comunità. L’infanzia negata ai bambini, la sofferenza delle madri e la disperazione degli uomini diventano il peso della resilienza di un popolo che urla e chiede, in silenzio come tanti altri, il diritto ad esistere. L’integrazione, oggi più che mai, dato il contesto geopolitico mondiale, è l’unica via possibile per la pace. La naturalizzazione dell'integrazione reale di comunità, etnie e culture che vivono diaspore territoriali e oppressione politica, è la sola cosa che potrà dar comprensione del mondo e del futuro che ci aspetta. Un giorno, quei popoli erranti potremmo essere di nuovo noi."

Testo di Ludovica Crescente









         















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