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Nino CANNIZZARO




Palermo-Messina Andata e Ritorno

"In Sicilia ci sono oltre 1.400 chilometri di coste, seconda regione d'Italia dopo la Sardegna, su un totale nazionale che sfiora quota 7.400. Un patrimonio che, a dispetto della bellezza del litorale e della sua varietà, non è diventato l'eldorado del turismo, ma la patria del cemento, del degrado,dell'incuria e dell'illegalità. Un moloch che si dovrebbe abbattere, ma che sopravvive grazie alla fitta rete di alibi e complicità."
È il litorale nord della Sicilia percorso dalla più lunga linea ferrata dell’isola, quella che collega Palermo a Messina. I chilometri si fanno teatro di un degrado sedimentato nel tempo e nelle coscienze dove a tenere banco sono infrastrutture mostruose, costruzioni abusive e industrie fantasma. Questi sono i protagonisti che mettono in scena il caratteristico scempio siciliano prodotto dalla faccia più degenere dell’anima dell’isola, quella delle opportunità e delle risorse non sfruttate, del potenziale lasciato morire. Delle spalle di chi potrebbe fare qualcosa ma che rimane in silenzio. In viaggio sul treno, lungo quei 200km, il fotografo/spettatore assiste al dramma offrendo testimonianza della denuncia attraverso immagini mute e interdette.



Nino Cannizzaro è un fotografo che ha compiuto un viaggio di "scoperta"; una scoperta e constatazione lucidissima del particolare stato di degrado, di abbandono e mala gestione in cui versa la sua amata terra: La Sicilia. Una terra ricca di numerose e significative contraddizioni, una terra dalle incredibili risorse culturali, storiche e naturali ma allo stesso tempo così scarsamente valorizzata, lasciata impoverire da ormai tempi immemori  da una classe dirigente locale e nazionale spietata che vede quella terra solo come un mezzo per arrivare al potere sfruttandola prevalentemente per motivi di tipo elettorali ed economici.
Questa "scoperta" di Nino Cannizzaro è quindi amara; un lungo viaggio fotografico di 200 Km che prende atto in modo realistico e disincantato della tragica situazione della Costa siciliana. Dal treno il fotografo assiste ad uno spettacolo quasi apocalittico, documentando una terra stuprata e lasciata morire nella più totale indifferenza generale. Il suo occhio si sofferma così ora su paesaggi e lande desolate in prossimità del mare, martoriati come se si trattassero di scenari di guerra appena evacuati, luoghi in decadimento e disfacimento nei quali la presenza umana è negata non in maniera artificiosa, per esigenze estetico-artistiche ma per un fatto oggettivo, puramente realistico.
La fotografia di Nino scava, mette in evidenza una situazione assurda: una terra così splendida, la più bella e fiera delle nostre isole  dotata di un potere attrattivo turistico forse il più alto di tutto il panorama delle isole del Mediterraneo si trova tristemente in una situazione di assoluta emergenza, affossata nelle proprie " carni" da una cementificazione selvaggia, da fabbriche inquinanti situate a pochi metri dal mare, costruzioni abusive che sconvolgono l'armonia del territorio, vere e proprie discariche a cielo aperto con montagne di immondizia.
E' una fotografia di denuncia, Vera, che mostrando i problemi, concretizzandoli in immagini, si interroga implicitamente, con rabbia, riguardo i motivi e in un certo modo, sottilissimo, su i veri responsabili di tutto questo: lo Stato? La Politica? Lo smisurato egoismo delle persone? La famigerata mancanza di un senso civico collettivo? Sicuramente i responsabili sono Uomini, in carne e ossa, dalle piccole menti; quegli Uomini che non si vedono, che non compaiono in queste fotografie  come se il fotografo a tal riguardo li volesse "fuori" da questi luoghi, allontanati ed in esilio per la loro grande colpa, come se  volesse liberare l'ambiente e la natura dai responsabili di questo "terricidio"; oppure che questi alla fine coscienti dei propri errori si siano nascosti, per vergogna, troppo pesante e importante il loro sbaglio. Ma forse questa illuminata presa di coscienza appare ancora troppo simile ad una mirabile e sognata utopia.
(V.P)



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