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Elisabetta DALOLIO



"Credo che la scoperta di noi stessi avvenga contemporaneamente alla scoperta del mondo intorno a noi, che può modellarci, ma può essere anche da noi influenzato.
Fra questi due mondi, quello che è dentro di noi e quello che ci circonda, bisogna stabilire un equilibrio.
In conseguenza di un processo di costante interazione, i due mondi si fondono in uno solo.
Ed è questo mondo che dobbiamo riuscire ad esprimere....fotografare è mettere sulla stessa linea di mira la testa, l'occhio e il cuore." Henri Cartier-Bresson

Lo sguardo Di Elisabetta Dalolio mette a pieno  in pratica il pensiero del maestro Bresson e di un altro padre fondatore della scuola italiana, Gianni Berengo Gardin: " io sono stato abituato agli inizi con le macchine 6×6, che avevano solo 12 scatti, quindi anche psicologicamente ci dovevi pensare prima di fare una foto. Invece, adesso, pensi meno. Qualche tempo fa c'era una pubblicità che diceva: "Non pensare, scatta!". Io ai miei studenti dico sempre: "Prima pensa, poi, semmai, scatta".
L'utilizzo del mezzo fotografico come fonte ispiratrice di riflessione, come blocco notes dei propri pensieri, approfondito dall' utilizzo di immagini scelte, ben curate nasce principalmente da un esigenza di capire il tutto, dentro il quale ognuno di noi naviga inconsciamente. Ancor più stimolante poi conoscere quell' altro tutto, quello che abita in noi stessi e proprio come ci dice la stessa artista, cercare di ricreare quell' equilibrio utile all' accettazione del sé;  perchè per quanto ci possiamo sentire invincibili, superiori o eterni, che lo si voglia o meno, siamo minuscoli di fronte alla natura, di fronte a quello che abbiamo creato, di fronte all'infinito che non vediamo, di fronte ad ogni luogo ed ogni spazio. Ma sorprendentemente poi, diventando consapevoli  della nostra minuscola condizione esistenziale attraverso una riflessione sincera e coraggiosa  possiamo in ultima analisi renderci conto che la presenza costante di un uomo, un animale o un qualsiasi essere vivente inserito nella sua relativa dimensione, renda quel luogo ancora più speciale di quanto già lo sia. Olisticamente il vivente stabilisce infatti relazione e si completa con il non vivente, lo spazio, l'ambiente creando un qualcosa che non si risolve nella somma dei suoi elementi componenti ma "un'essere totale" "un organismo universale", un qualcosa che vive ed è altro, generato da parti di forma e sostanza diverse. Solo riuscendo a capire di far  parte di tutto questo, nonostante il trovarsi a ricoprire una "minuscola condizione", ci dovrebbe rendere finalmente consci e maggiormente responsabili  delle nostre azioni in quanto esse poi andranno fatalmente e inesorabilmente a ripercuotersi   su quel  "grande essere universale".
(F.G)
















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